“Riusciamo a vedere realmente noi stessi? Come siamo fatti al nostro interno? È difficile dirlo. Abbiamo perso l’abitudine di guardarci nel più profondo. Eppure l’epidermide è un involucro delicato, fragile, talvolta trasparente. Su di sé porta le tracce del nostro vissuto, della nostra esperienza, si imprime di emozioni, di sofferenze, di gioie. La nostra pelle è come la corteccia di un albero, segnata dal tempo, dalle stagioni, dai venti gelidi, dal calore del sole.
Aldo Pallaro è uno scultore del legno che ci guida in questa introspezione, che da fisiologica si fa psichica.
Ha sempre avuto fin nei suoi primi lavori l’attenzione scrupolosa di fissare lo sguardo al di là del velo, ovvero al di là della materia, oltre l’epitelio sensibile.
Scelto il pezzo adatto a rivelare il segreto, l’immediata scoperta.
Sotto pulsa il sangue, scattano le nervature, affiorano espansioni, dilatazioni, con toni e forme che nascono dal di dentro. Ed ecco sgorgare strutture antropomorfe, suggestivo il Pruno torto, efflorescenze come grandi funghi, arcaiche e misteriose stele ovvero le Geometrie del silenzio, cortecce dalle curiose torsioni, silenti lastre istoriate dal tempo sulle quali si dipanano segni codificati, simboli, arabeschi, coniati solo dalla natura.
Presenze che hanno viaggiato nel tempo e nello spazio per giungere sino a noi e recarci antichi messaggi. Ed è questa l’esperienza straordinaria che Aldo Pallaro vuole catturare, assimilando le arcane seduzioni dell’arte primitiva, integrando alcuni estri del Concettuale, non privandosi poi del profumo di una nuova classicità .
Passeggiare nella natura, “vivere” il bosco e poi scolpire il legno, mostrare le viscere di un tronco secolare è come compiere un viaggio attraverso l’esistenza dell’uomo. Ad un certo momento si perde la percezione della pura materia: la scultura ci fa veleggiare lontano, in posti lontani e quasi non ci accorgiamo che si tratta di spazi che in fondo non ci sono estranei, ma nascono all’interno di noi.
Da qui si ricava il succo della poetica di Pallaro: la sua è un’esplorazione nelle pieghe dell’uomo, un’introspezione di “quel che c’è sotto”, la ricerca continua dell’identità umana. È un’avventura affascinante soprattutto perché a guidarci è un artista sensitivo, che agisce in sintonia con la storia e con le pulsioni del futuro.
Dentro la pelle-corteccia c’è la coscienza e la conoscenza.
Le sue “creature” evocano sentimenti ed emozioni forti appartenenti a un mondo sospeso tra l’immaginario ed il reale, frammenti che assumono contemporaneamente consistenza o leggerezza.”
Gabriella Niero
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