La pittura di Giancarlo Caneva si nutre di antiche reminiscenze ludiche, come se un caleidoscopico gioco di luci e di colori si sommassero e si sottraessero alla visione di un ipotetico facitore di oggetti, quasi composti e ricomposti attraverso un perenne mutare di effetti luminosi. La componente ludica mi pare la prima da osservare in Caneva che si offre al visitatore delle sue mostre in uno straordinario sovrapporsi e inclinarsi di cromatismi. Ma credo di dover sottolineare anche la componente costruttiva di Caneva, infatti le immagini sono disegnate e pensate in una rilettura dai tratti spesso geometrici, piani e solidi, per cui appaiono triangolarità, forme quadrate ma anche coni e cilindri, cerchi e sfere. Un terzo aspetto che mi pare di dover sottolineare è la fervida fantasia che dilaga in una sorta di ricostruzione di città, città della nostra anima e della nostra fantasia piuttosto che centri rivisitati a livello paesaggistico. Pur elaborando una sorta di antipaesaggismo comunque sottolineerei questa esistenza brulicante di vita e di traffico cittadino, per cui abbiamo l’impressione di trovarci di fronte ad un vero e proprio paesaggio urbano nel quale la vita frenetica canta la sua musica perenne e sempre irripetibile. Non sottenderei nemmeno la sua rilettura di tratti della storia artistica del novecento e nemmeno la sua singolare appartenenza ad un mondo in cui tutto è variegato, in un mondo da lui visitato, il mondo orientale, specificamente, con la sua carica cromatica quasi edonistica e la sua meravigliosa e continua sorpresa. Ha al suo attivo numerose mostre personali e collettive che gli hanno permesso di ottenere stima e riconoscimenti da parte di pubblico e critica. Ha partecipato alla 46a, 50a, 52a e 55a Biennale di Venezia.
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