Simon Benetton è nato il 24 ottobre 1933 a Treviso. Ha frequentato i corsi liberi dell’Accademia delle Belle Arti di Venezia, per poi continuare in una liberissima, solitaria ricerca individuale.
Diversi sono i periodi della sua formazione: dal figurativo alla vibrazione plastica nello spazio, dal modulo come simbolo dell’impulso alla dinamica spaziale, dalla piastra come agglomerato (umano), alla macrostruttura come elemento ed espressione della volontà e della conquista dell’uomo moderno. Negli ultimi suoi studi la scultura ha preso nuova dimensione, proiettandosi nello spazio urbano come espressione di libertà e di progresso fino ad arrivare al connubio tra ferro e cristallo.
I suoi lavori sono stati esposti in mostre temporanee, collettive e personali, organizzate in spazi pubblici in Italia e all’estero. Molte sue opere trovano collocazione in prestigiose collezioni e musei pubblici e privati, in piazze e giardini di molte città del mondo. Nel 2011, a Valdobbiadene, gli viene dedicato il Palazzo denominato “Simon Benetton” con l’allestimento della relativa antologica in permanenza.
Al suo lavoro si sono interessati critici e storici dell’arte e di lui hanno scritto giornali, riviste e rassegne. L’ampia bibliografia comprende articoli, cataloghi e monografie ma si estende, in campo televisivo, a documentari e film trasmessi da emittenti televisive nazionali e straniere.
Ha ricevuti numerosissimi premi e riconoscimenti ed è stato nominato Grande Ufficiale della Repubblica Italiana dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
“…Dalle sue opere traspare una retrospettiva di studi, di progetti di irrequietezza di stati d’animo attente osservazioni che lo portano a scoprire nella sua strada nuovi elementi dei quali ci rende partecipi con le sue espressioni artistiche.
Nelle sue realizzazioni una storia di vita vissuta si racconta dall’esperienza figurativa al modulo inteso come ideogramma per poi passare al periodo del volo liberandosi in giochi nello spazio pensando di far vivere tra il cemento le Sue opere ecco le “macrosculture” da inserire nei contesti urbani e poi la ricerca di un nuovo riferimento della orizzontalità come spazio della configurazione dell’umanità per stabilire un equilibrio del conoscere del sapere e della responsabilità per uno sviluppo civico culturale della nuova civiltà.
Ad un certo punto la scultura cambia radicalmente e concettualmente, l’idea diventa segno dove le opere assumono un’impronta essenziale per la rigorosità concettuale…”
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